twoas4

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Recensioni Web 2017

(JUST KIDS MAGAZIN), Recensione di Gustavo Tagliaferri.

A voler parafrasare recenti pellicole, il racconto dei racconti. Forse, ma neanche tanto. Certamente un’esperienza la cui ottica è sì quella cinematografica e che a sua volta ha finito per risultare l’involucro dei suoi ulteriori svolgimenti, non meno influenti per il risultato finale. Se ne si dovesse trovare l’ideale succo, rivolgendo il proprio sguardo a Grosseto ed analizzando un’opera come questa, tanto non si può e non si deve giungere ad affrettate conclusioni, malgrado l’apparente ostilità, quanto è evidente come la definizione maggiormente consona possa essere questa. I twoas4, Oscar Corsetti ed Alan M. Schiaretti da una parte, affiancati dal recitato, mai fine a se stesso, di Luminitza Ilie dall’altro, Italia e Romania in coesione per un’ottima che non verte solo sul multiculturalismo ma anche sulla condivisione di un’idea che è quella di un concept album, ma anche l’ideale seguito di “Audrey In Pain English”, a circa cinque anni di distanza, sanno benissimo cosa significhi maneggiare con cautela le proprie intenzioni, seguendo uno spirito atipico, da cani sciolti, e “Marea Gluma”segue ripetuti passi che vanno dall’incuriosire all’affascinare in più occasioni, finchè non ci si sente conquistati. Al centro di tutto vi è un ibrido di espedienti che lascia da parte ogni possibile provincialismo, un nucleo assai robusto le cui ramificazioni sono parte di una storia che ben si confà al lotto, che si fondano passato e presente [come in una I’ll Be Before (Song For Mascara) che nei suoi stop’n go imbevuti nel noise sembra seguire un malleabile istinto pop filtrato in chiave stoogesiana, e non è un caso che la I Wanna Be Your Dog tipica di quest’ultima trovi spazio attraverso una duplice reinterpretazione con tanto di traduzione in Eu Vreau Sa Fiu Cainele Tau], personale e pubblico (la schizzata ed imbevuta da stranianti synth Nori De Quinz, ma anche e soprattutto il filo conduttore che connette lo spoken word con annesse improvvisazioni introduttive della titletrack, la quale cela nervosi ed ossessivi andamenti che fondono Velvet Underground e Sonic Youth, ad una Da lì, unica parentesi nella lingua madre della band, che trascina con sé un retrogusto memore non tanto dei Massimo Volume, quanto degli Slint) od il singolo ed il molteplice (il filo conduttore tra l’intima Atunci Spune-Mi, un brano che è un universo le cui tinte d’autore risultano ulteriormente marcate da You Are All Those Things That I Don’t Know, che a sua volta presenta una dicotomia tra cronaca e prosa presente con una variante noise rock anche nel vorticoso eppure etereo excursus di Tomy Angel (Song For Bubu) ed a sua volta prossima ad evolversi strizzando l’occhio a certo post-rock, come dimostra il crescendo di Simplitate, e 1814 (Song For Alice), spaccato di vita mosso da un’ossatura folk, posseduta da ectoplasmi lo-fi, che guadagna sempre più terreno). Dulcis in fundo, ad amplificare l’idea che tutto ciò possa essere considerato, nell’insieme, un’ideale colonna sonora di matrice esistenzialista, senza al contempo risultare esclusivamente tale ispirazione che, nel perpetuo scorrere di un pianoforte, pare non poco basarsi sulla devozione a certe componenti da camera venute alla luce in certi lungometraggi di Jorg Buttgereit svestiti dello splatter, è la ghost track Ave M.aria, assieme a Simplitate il manifesto ideale del disco. Giustappunto, una storia fatta di tante altre storie: “Marea Gluma” probabilmente, anzi, per fortuna, non è catalogabile, ma nel suo pessimismo colmo di luce interiore, nella sua disperazione vocale e sonora, vive di vita propria e necessita di essere consigliato, magari non a tutti, ma indubbiamente non solo ai patiti delle correnti rumorose e cinematografiche. Un colpaccio per la formazione di Grosseto.

 

(KATHODIK) di Marco Fiori

Lussuosa realizzazione concettuale, grafica, musicale del progetto twoas4 − per questa seconda raccolta composto dal “deus ex machina” Oscar Corsetti (voce, sei e quattro corde), Alan Massimiliano Schiaretti (batteria/tastiere), Luminita Ilie (voce); non soli peraltro, che gli amici (anche internazionali) sono numerosi, ricapitolati in https://twoas4.bandcamp.com/ – per questo “Marea Giuma”: dal ciccissimo booklet (che contiene a stento una storia scritta da Corsetti) ai toni epici di un rock urlato con gusto (l’inglese doloroso di I’ll be before e Nori de quinz), ma capace anche di tenerezze (inaspettate? La ballata romena Atunci spune-mi, cantata da Giulia Neculau). Undici brani sempre sul punto di frantumarsi, con le chitarre memori dell’afflato europeo di un Giorgio Canali o di un Massimo Zamboni (cfr. il perdersi nei vortici di You are all those things that I don’t know), ma con le tastiere così italiche (Simplitate potrebbe essere di un Vasco Rossi transilvano – e non bolso – che sa l’inglese). Iggy Pop forse sarebbe orgoglioso di come vogliano essere il tuo (suo?) cane in Romania (Eu vreau sa fiu cainele ta, non si finisce mai di imparare); il videomaker Jon Roseman presta il suo impeccabile accento albionico a To.my Angel/Song for bubu e Da li, quest’ultima illuminata da chitarre malinconiche alla Egle Sommacal. Infine, la ripresa dell Ave Maria di Gunod non è nemmeno così terribile/inascoltabile come si potrebbe temere. Per gli amanti dell’indie-rock italiano (?) più anti-convenzionale.

 

(ROCKGARAGE) by Rod

Avevamo già parlato degli eclettici twoas4 in occasione del debut project Audrey In Pain English del 2012 e ci si ritrova qui, dopo cinque anni, a parlare nuovamente di questa band in occasione dell’uscita della loro recente fatica, Marea Gluma. La realtà twoas4 oggi appare ancor più trasformata e multiforme rispetto al passato, palesandosi nei fatti come un vero e proprio collettivo formato da numerosi artisti, che vede al centro l’ossuta spina dorsale del combo formata da Oscar Corsetti, deus ex machina del progetto, Alan Schiaretti e la vocalist Luminite Ilie. Come già accaduto in precedenza, anche per questo episodio la band ha saputo concepire un prodotto unico nel suo genere, un concept album che gioca con tutti gli elementi a disposizione (visivi, tattili ed uditivi) mescolandoli ad arte. Il curatissimo booklet, ad esempio, caratterizzato da copertina ed inserti in carta lucida, è stato pensato nel suo format come una sorta di mini-romanzo nella quale confluiscono una parte narrativa, i testi e delle immagini scelte dalla band. Per quanto concerne la parte audio, ciò che colpisce è la eterogeneità dei brani presenti, in cui l’originalità è rappresentata dal fatto che musica e parole si intreccino a prosa, recitazione, improvvisazione, alla ricerca di sonorità e suoni asserviti ad immaginari complessi, a tratti cinematografici, fatti di fotogrammi intimi e di substrati sovrapposti di parole cantate, recitate o parlate in lingua italiana, inglese e rumena.

Dal punto di vista del sound, il disco si presenta come un lavoro in cui abbiamo trovato molte delle conferme legate a certe considerazioni che avemmo modo di focalizzare riguardo il precedente disco, nonostante Marea Gluma segni un passo in avanti, palesandosi più come un grande laboratorio d’arte in cui espressività e comunicatività non sembrano porsi limiti, seppur muovendosi in un humus essenzialmente alternative contaminato da noise, indie e post-grunge, in cui la ricerca e la sperimentalità cerca nuove forme nuove d’espressione seppur rimanendo ossequiose del solco creato dai Velvet Underground di Lou Reed e dai primissimi Pink Floyd. Consigliamo Da Li, un brano elegante e sofisticato che ha stimolato per lunghi tratti d’ascolto la nostra curiosità e che forse meglio racchiude tutti i punti di forza su cui poggia il valore di questo album.

 

(OFF TOPIC MAGAZINE) gli scordati di JOE “Vol. 7”.

Un disco molto particolare, sia per i contenuti, sia per il contorno. Brani con sonorità spiazzanti e poco rilassanti, ma che poco a poco entrano in testa, lasciando una strana sensazione. Secondo lavoro per questa band toscana, che si avvale di collaborazioni più o meno fisse, tra queste: Luminita Ilie. Grazie a lei si aggiungono anche brani in lingua Rumena, che regalano interessanti aperture.

 

(ONDAROCK) Michele Saran

Partiti come duo spartito tra Oscar Corsetti (voce, chitarra, basso) e Alan Schiaretti (batteria, tastiere), e gli interventi parlati della vocalist rumena Luminitza Ilie, i twoas4 di Grosseto debuttano con “Audrey In Pain English” (2012). La già alta densità barocca di quel disco seguita e si amplia in “Marea Gluma”, un parto del solo Corsetti concepito come un’opera-rock autoreferenziale e metalinguistica, dedicata cioè al decorso della sua stessa realizzazione, della band e delle vicende esistenziali connesse. La traccia eponima è un pastiche in tre tempi: un preludio di tre minuti d’improvvisazione atonale per piatti e corde riverberate, un piccolo approfondimento dell’introduzione di “Arbeit Macht Frei” degli Area; un reading in rumeno su accompagnamento ipnotizzato che monta in isteria (in realtà un post-rock elementare, leit-motiv dell’opera); una coda di sonata pianistica. Il succedersi delle voci di “You Are All Those Things That I Don’t Know” possiede, a tratti, la forza del radiodramma in bassa definizione, in una lotta invisibile con una jam pianistica. La babele acquisisce maggior spessore in “Da lì”, in cui s’intravedono anche spunti della “White Light/White Heat” dei Velvet. Andatura disco-funk, tappezzeria noise-rock, declamato alla David Byrne: la reazione di questi tre elementi, in “Nori De Quinz”, capitola in un coro con bailamme caotico. L’aria dadaista Gong-iana di “I’ll Be Before/Song For Mascara” degenera in una sceneggiata psicotica alla David Thomas, mentre il momento melò, “Atunci Spune-Mi”, cantato da Ilie con sgolato eroismo, è in realtà comico perché sabotato da ogni sorta di cacofonia dissonante. E l’opera trova una sommaria chiusa nel “coro” di “1814/Song For Alice”, preso in realtà dai cronisti e dalle proteste di strada conseguenti ai fatti di Bucarest dell’ottobre 2015 (l’incidente al Colectiv Club, in cui Corsetti era presente). Cantato in italiano, rumeno (una Ilie ormai in pianta stabile), inglese e il patafisico pain English brevettato dall’album predecessore. Assemblato da Corsetti usando scarti del predecessore, vecchie registrazioni dal vivo e pezzi nuovi, riarrangiando il tutto – in due anni di lavorazione – con l’aiuto di Andrea Bergesio. Possiede, così, la sublime instabilità di un graffito o di un collage, così come ribadito da un libretto d’opera altrettanto complesso (un booklet ricchissimo d’immagini, veri quadri a tecnica mista, e parole) e il decantato lirismo del diario di vita. Sta in bilico tra un’eterogeneità che dona a sprazzi potenza e risucchia l’ascolto, e una frammentazione che non dà punti di appoggio, e difetta di un gran finale che qui invece è dato da una risaputa “Ave Maria” di Gounod, molto minore. Un’altra cover, questa invece d’impatto: “I Wanna Be Your Dog” degli Stooges, volta in rumeno a “Eu Vreau Sa Fiu Cainele Tau”. Molti interventi, tra cui l’iconico videomaker Jon Roseman (31/01/2017).

 

  1. INTERNAZIONALE n.1188/anno24, Pier Andrea Canei ci inserisce nella sua Playlist insieme a The Flaming Lips e The Lemon Twigs, tutti “Poliglotti psichedelici”. Lascia una risposta
  2. Per Antonio Belmonte su RUMORE, ancora un 7 e un bentornati; “You are all those things that I don’t know” il brano consigliato. Lascia una risposta
  3. Per Guido Gambacorta sul numero 224 di BLOW UP siamo Post-Punk! Lascia una risposta
  4. MAREA GLUMA sul Numero 437 di Rockerilla/Gennaio 2017. Lascia una risposta